Anno 33 dC secondo il calendario Gregoriano
Un luogo sulle sponde del lago di Galilea
Esterno, notte.
L’uomo alto guardava il lago illuminato da una luna piuttosto pallida.
Era solito passeggiare in solitudine, nella notte, quando poteva parlare in tranquillità con i suoi demoni personali.
Paura
e Incertezza avevano camminato al suo fianco spesso quanto i più
assidui dei suoi discepoli nelle ultime settimane. Conoscere il proprio
destino a volte è una maledizione.
L’altro
uomo, più tarchiato e scuro, lo raggiunse alle spalle, senza farsi
sentire. Sapeva muoversi senza rumore, come tutti i sicarii. Era esperto
nell’arte di non farsi vedere.
Parlò, ed entrambi trasalirono al suono cupo di quella voce.
- Non farlo. No farlo, non puoi farlo.
- Devo, amico mio. E’ l’unica soluzione.
- No. Deve esserci un altro modo.
- Non c’è. E’ scritto, lo sai.
L’uomo tarchiato alzò la voce, furente. Giocava il tutto per tutto.
- Non mi importa un accidente di cosa è scritto! Non devi farlo. Non devi, mi senti? Non te lo permetto!
L’uomo
alto si girò di scatto, con uno sguardo fiammeggiante negli occhi.
Parlò a voce bassa, ma chiara e lenta, come scandendo le parole per
renderle più pesanti.
- Come ti permetti di dire a me quello che devo o non devo fare? Credi forse che non abbia discernimento?
L’altro
sembrò disorientato, la furia che un attimo prima animava le sue parole
completamente svanita. Aprì bocca per rispondere con foga, poi cambiò
idea, e abbassò gli occhi. Tacque per qualche secondo, poi disse:
-Perdonami.
Sono anni ormai che ti seguo e che ti guardo le spalle. Sai che ti
onoro come un maestro e ti amo come un fratello. Non posso stare
a guardare mentre ti lasci uccidere.- esitò un momento, poi proseguì con
maggiore enfasi. – Moriremo tutti. Tutti noi seguiremo la tua sorte
quando non ci sarai più. Cosa dovrò dire ai miei fratelli, quando mi
chiederanno perché ci hai abbandonati?
L’uomo
alto guardò il lungo pugnale simile a una spada attaccato alla cintura
del suo interlocutore e sorrise. Era vero, gli era stato vicino con una
devozione più profonda di quella della maggior parte dei suoi seguaci,
ed ora non poteva metterlo a parte dei suoi piani. Dei suoi veri piani.
Considerò per un momento l’opportunità di farlo, ma fu solo un attimo.
Era importante che anche lui – soprattutto lui, il suo più fedele - lo
credesse morto.
-
Simone, Simone. Non puoi vacillare ora, proprio tu, che sei sempre
stato saldo come una roccia. Sai bene che non vi abbandonerò mai, che
sarò comunque con voi qualunque cosa accada. Beati coloro che morranno
nel mio nome…
- No, ti
prego. Ti prego, basta. Basta discorsi. Non ne posso più di discorsi e
di speranza, quando so che stai per andartene, quando non ho più alcuna
speranza. Basta. Ho paura, e sono stanco. Basta.
L’uomo
alto sorrise nuovamente. Non lo aveva mai sentito tanto accorato e
tanto scoraggiato prima di quel momento. Nessuno gli aveva mai parlato
con tanta rudezza, ma non lo rimproverò per questo. Capiva il suo stato
d’animo, lo capiva molto bene. Dopotutto, anche lui era molto stanco, e
aveva paura.
-Guarda,
Simone, albeggia. Dobbiamo metterci in cammino tra poco, il giorno è
giunto. Vai a riposare qualche minuto, avrò bisogno di te nei prossimi
giorni. Penserò io a svegliare gli altri, tu riposati.
Simone
gli rivolse uno sguardo pieno di devozione e di tristezza. Riconobbe la
propria sconfitta, non era riuscito a salvarlo. Alzò il capo per
guardare il cielo che rosseggiava dietro il lago, e disse solamente
- Si, Rabbi.
Anno 33 dC del calendario Gregoriano
Un luogo sulle rive del lago di Galilea
Esterno, giorno.
Incontro segreto.
- Eccomi fratello mio, è molto che aspetti?
- No, sono appena arrivato. Ma non mi piace vederti in segreto. Nascondermi non è nella mia natura.
- Lo so. Ma per ora purtroppo è necessario.
- E’ tutto pronto?
- Si. Tutto è organizzato.
Un velo di tristezza adombrò gli occhi dell’uomo che aveva parlato per primo.
-
Yosef è stato avvisato, alcuni funzionari sono stati corrotti. I
guaritori esseni giungeranno domani nella notte da Qmran. Nessuno li
vedrà, e prenderanno alloggio presso Yosef. Saranno pronti.
- E riusciranno?
I
due si guardarono. Entrambi conoscevano bene i rischi, li avevano
valutati e riconsiderati molte volte. Era difficile, ma non impossibile.
Ma la catastrofe era in agguato, lo sapevano tutti e due. Non c’era
spazio per gli errori. Ne per i ripensamenti, a questo punto.
- Riusciranno - riprese il primo uomo - Ho fiducia.
- E lei?
-
Lei ti attende nella mia casa. Sa quello che deve fare, e sa quello che
significa. E’ disperata, naturalmente, e ha paura. Ma compirà il suo
dovere, perché così deve essere.
-
Portale tutto il mio amore, amico mio. Dille che non saremo mai divisi,
qualunque cosa accada. Vorrei allontanare questo calice amaro dalle sue
labbra… Dio sa quanto lo vorrei.
-
Dio lo sa, e lo so anche io. E anche lei. Ma sarà molto difficile.
Forse più difficile per lei che per chiunque altro di noi. E i rischi
che correrà se falliamo sono pari ai tuoi.
- Mia amata, mia sposa. Mia Sophia. Quale splendida Regina e Sposa per Sion! Ti prenderai cura di lei, quando io non potrò?
-
Naturalmente. E’ la mia regina, e mia sorella. Yosef ed io ci
prenderemo cura di lei e di colui che sta germogliando nel suo grembo.
-
D’accordo. Allora, questo è tutto. Quando ci rivedremo, non potremo più
parlarci liberamente. Tutto il mio amore per te, fratello mio, e per la
mia sposa.
- Shalom, fratello mio e mio Re. E che si compia la volontà di Dio.
Gli uomini attorno a lui erano abituati a questo genere di atteggiamento.
Il Maestro spesso andava dove loro non potevano seguirlo.
L'Uomo che alcuni chiamavano Maestro fece un cenno con la mano e i suoi accoliti si alzarono e cambiarono stanza.
Come una Dea che guardasse dall'alto un piccolo mortale arrabattarsi tra pieghe di Saggezza per lui incomprensibili
Loro non sapevano, loro non potevano partecipare al rito. Troppi veli offuscavano la loro mente, i loro occhi e i loro cuori. In parte, ammise, era colpa sua, che li aveva tenuti all’oscuro.
L'Uomo la guardò intento, e i suoi occhi espressero - per un istante solo - il più puro e profondo sentimento d'amore che possa albergare nel cuore umano.
Tra gli uomini in piedi serpeggiava una certa agitazione e preoccupazione.
- Chi ha indetto questa riunione straordinaria, che viola tutte le leggi di Dio?
- Sono stato io – a parlare era il sacerdote anziano – e sono certo che tutti voi capite l’urgenza degli argomenti che oggi dobbiamo discutere.
-Allora cosa c’è di tanto grave da sconvolgere sabbat? – domandò qualcuno guardandosi furtivamente attorno, come se si aspettasse che la collera divina potesse colpire in quel preciso istante quel consesso di miscredenti.
Tutti guardarono il Venerabile Anziano con un misto di ansia ed incomprensione.
- No, non lo permetteremo – rispose l’Anziano. - Ed è precisamente per questo che siamo qui oggi, in quest’ora notturna e in violazione di tutte le nostre Sacre Leggi. Questo Yeshua, questo Nazoreo guaritore e mago deve essere fermato.
- E’… è morto, dunque?
- Yosef è rimasto con lui e con i guaritori. Quando sono andato via, era ancora vivo. Ma non ci hanno dato speranze.
- No, Miriam. Io sto per morire.
- Yosef ha deciso giustamente, Miriam. Un potente rimedio esseno mi ha ridato vigore, secondo le sue istruzioni, ma il suo effetto sarà breve. Devo terminare la mia missione, devo parlare con Simone e gli altri prima che tutto sia finito.
- Così mio Signore vieni usato nella morte come lo sei stato in vita…
- No, Miriam. E’ stata una mia scelta. Yosef e tuo fratello hanno eseguito il mio volere.
Miriam non aveva più parole ne speranza. Yeshua le tese le braccia e l’aiutò ad alzarsi.
Detto questo, si allontanò lentamente.
Lei rimase a guardarlo, per l’ultima volta, le mani premute sul ventre.
Le donne stavano tutte attorno al letto in ansia
-Ti sbagli di sicuro…. È impossibile.
- Difficile sbagliarsi su un fatto tanto ovvio, Yosef – rispose la donna con una punta di malizia. – Perfino tu te ne renderesti conto, se la guardassi.
-Una bambina… una bambina…... – continuava a ripetere quelle parole come un mantra, come se non riuscisse a convincersi.
Poi , rabbiosamente:
- Non può essere una bambina, non può! Dio non avrebbe permesso che Yeshua morisse, che il suo popolo fosse perseguitato, che Miriam rischiasse la vita per...per… per una femmina!
Anno 33 dC del calendario Gregoriano
Una casa signorile in un sobborgo di Gerusalemme.
Interno, pomeriggio inoltrato.
- Miriam! Miriam, stanno arrivando
- Ho udito le voci fratello. Lo so.
- Avvisa Marta che appronti per il pasto, e vai a prepararti. Presto.
- So bene quello che devo fare e quale dovere devo compiere. Non ho bisogno di alcuna imbeccata
La
voce di Miriam era tagliente, nervosa. Guardava nascostamente dalla
finestra in attesa di veder spuntare il piccolo corteo. Una quindicina
di uomini in tutto, che si proponevano di cambiare la storia del mondo.
Chi in un modo, chi nell’altro.
- Non essere insolente con me, sorella.
Lei
lo squadrò con uno sguardo duro negli occhi che non ammetteva alcun
tipo di replica. Uno sguardo che non le era mai appartenuto, lei che era
sempre stata una donna dolce e comprensiva. Le cose cambiano, e in
fretta.
-Insolente?
Insolente, io. Voi coi vostri piani, con le vostre visioni del futuro!
Avete deciso tutto a tavolino, davanti al libro delle profezie, senza
badare a chi avreste coinvolto nei vostri piani. Usate la vita delle
persone per i vostri scopi, e se qualcuno muore, pazienza, fa parte del
rischio. Non è così mio caro fratello? Non è quello che hai fatto con
me? Non è per questo che sono stata scelta?
- Tu sei stata scelta per il tuo lignaggio, lo sapevi fin dall’inizio.
-Lo
sapevo. Ma io sono una donna e lui un uomo. C’è nessuno che si soffermi
a pensare a questo? E’ mio marito, e io stasera lo manderò a morte. A
qualcuno importa di quest’uomo che rischia la sua vita, che abbandona la
sua sposa, che forse non vedrà mai suo figlio? Qualcuno ricorda che è
una persona, e non soltanto lo Sposo promesso alla terra di Sion?
- La discendenza è precisamente il motivo per cui siamo qui oggi…
-
Smettila! Io sto parlando di un padre e di un figlio, non di una
dinastia regale. Un figlio, un bambino che non è ancora nato, in cane ed
ossa, il cui padre subirà la peggiore delle sorti per mano di sua
moglie e dei suoi migliori e più fedeli amici! A qualcuno importa di
questo? A qualcuno importa? A qualcuno interessa che non rivedrò il mio
amato? A te? A Yosef?
- Tu bestemmi sorella!
-
Davvero? Ebbene non mi importa. Che Dio mi fulmini qui e ora se sto
bestemmiando! Almeno questo potrà forse salvare la vita di mio marito,
se non potrò compiere il rito di legittimazione!
Lacrime di rabbia e dolore solcavano il viso di Miriam, mentre sua sorella Marta si avvicinava.
La guardò con disprezzo, e si rivolse all’uomo.
- Hai scelto la donna sbagliata, fratello. Te lo dissi fin dall’inizio. Miriam è pigra, e non ha alcun senso del dovere.
-
Vorresti prendere il posto di tua sorella, Marta? Pensi che non te lo
cederebbe con gioia, se potesse? Sei una sciocca, Marta, e non sei degna
di alzare gli occhi sulla tua regina.
Al sentire queste parole Miriam si ricompose.
Si asciugò il viso col velo che portava sul capo, ed alzò lo sguardo.
-
Compirò il mio dovere, sai che lo farò. Mi abbiglierò con il mio abito
migliore e con i miei più splendenti gioielli, come si conviene a una
regina e a una sacerdotessa. Quando Yeshua arriverà, io sarò pronta a
dargli ciò che una discendente di Beniamino deve al Re promesso della
Casa di Davide.
Così dicendo, fece per allontanarsi.
Il fratello la trattenne per un braccio, si avvicinò a lei con affetto e le disse
-
Lui mi comanda di portarti tutto il suo amore, Miriam. Sa quanto grande
sia il tuo dolore, e il suo è pari al tuo. Il vostro è stato un
matrimonio dinastico e politico, è vero. E per il popolo avrà il valore
simbolico che solo le Nozze Sacre delle antiche scritture hanno. Ma la
saggezza del Signore ha voluto che fosse coronato anche da un profondo
amore. Sii grata, Miriam, per quanto hai condiviso con lui, perché ciò
che lui ti ha dato non lo ha dato ne lo darà ad alcun altro. Sei la sua
prediletta, ti ama come Sposa e come donna. Poche mogli possono dire
altrettanto.
Miriam sorrise mestamente.
-
Tra poco mi dirai che mi tocca la più fulgida delle sorti, fratello
mio, e che sono la più fortunata delle donne. Non mentire, non con me.
So chi sono e so cosa devo fare. Ma nessuna legge e nessun profeta mi
comanda di esserne lieta.
Anno 33dC secondo il calendario Gregoriano
La casa del dialogo precedente
Interno, notte.
L'Uomo era seduto, immobile.
Il suo sguardo sembrava stranamente assente, come se fissasse un punto lontano che solo lui poteva percepire.Gli uomini attorno a lui erano abituati a questo genere di atteggiamento.
Il Maestro spesso andava dove loro non potevano seguirlo.
Ma quella sera era diverso.
C'era un senso di aspettativa, nell'aria si respirava il profumo di avvenimenti per ora solo presagiti.
Dalla
porta giunse un rumore di passi, ed entrò la Donna, riccamente vestita,
bella come una visione divina, di una bellezza quasi sfacciata,
sfoggiata apertamente senza pudore, senza vergogna. Ogni segno di
cedimento o di inquietudine cancellato dal viso, ogni movimento della
mano perfetto come solo quelli di una Regina sanno essere.
Gli
uomini attorno al maestro si girarono a guardarla, e subito abbassarono
gli occhi. Nessuno osava guardarla apertamente, o apertamente sfidarla.
Tranne uno, che tenne i suoi occhi di fuoco dritti in quelli della Donna, esprimendo con lo sguardo paura, e forse disprezzo
L'Uomo si volse verso di lei, e le sorrise lievemente.
I
suoi occhi indugiarono sul suo abito scollato, un istante solo, un
momento soltanto per riportare un ricordo alla mente, prima che
l'inesorabile si compisse.
- E' il momento, mio signore. Ti prego, manda via gli uomini
L'Uomo che alcuni chiamavano Maestro fece un cenno con la mano e i suoi accoliti si alzarono e cambiarono stanza.
Uno
di essi, sempre lo stesso, fissò la Donna con aperto odio, fissò il
vasetto che portava tra le mani chiedendosi cosa mai potesse contenere
che lui e gli altri fossero indegni di vedere e conoscere.
La Donna ricambiò il suo sguardo, ma non c'era odio nella sua espressione.
Solo la velata consapevolezza di una superiorità irraggiungibile. Come una Dea che guardasse dall'alto un piccolo mortale arrabattarsi tra pieghe di Saggezza per lui incomprensibili
E forse era proprio così.
L'Uomo attese che tutti se ne fossero andati.
Non avrebbero capito, non avrebbero mai potuto comprendere la solennità e la ritualità di quel momento. Loro non sapevano, loro non potevano partecipare al rito. Troppi veli offuscavano la loro mente, i loro occhi e i loro cuori. In parte, ammise, era colpa sua, che li aveva tenuti all’oscuro.
La conoscenza non è per tutti.
Quell'attimo era suo, suo e della sua Compagna.
Lei lo avrebbe reso degno del destino che stava per compiersi.
Una volta soli l'uno davanti all'altra, la Donna si chinò ai piedi dell'Uomo e posò a terra il vaso che aveva con se.
Poi
sciolse i lucidi capelli neri e per un lungo momento li accarezzò
districandoli con le dita, in un gesto che era ad un tempo pudico e
sensuale. L'Uomo la guardò intento, e i suoi occhi espressero - per un istante solo - il più puro e profondo sentimento d'amore che possa albergare nel cuore umano.
Poi la consapevolezza di quanto stava avvenendo lo riassalì, ed egli tornò immobile, serio. Preoccupato, forse.
La Donna aprì il vaso, la sua piccola Giara di Alabastro, e un profumo dolce si sparse nell'aria.
Prese
con le mani il prezioso unguento in essa contenuto e cominciò con
lentezza a cospargerne il capo dell'Uomo, mormorando parole che solo lui
poteva udire, e che nessuno avrebbe comunque potuto comprendere.
L'incanto
del momento fu rotto solo da un commento sprezzante che giungeva
dall'altra sala, dove gli uomini si erano raccolti, in attesa.
Qualcosa che riguardava lo spreco di denaro per quell'unguento.
La Donna non vi prestò orecchio, continuò la sua opera con calcolata lentezza e sensualità.
Il rito doveva compiersi, e l'incomprensione di pochi sarebbe ben presto stata ricompensata dalla consapevolezza di molti.
E la promessa della Rinascita si sarebbe compiuta, la ruota avrebbe continuato a girare.
Quando la Donna ebbe finito, quando l’Uomo fu unto, lui la guardò dritta in volto.
Quando la Donna ebbe finito, quando l’Uomo fu unto, lui la guardò dritta in volto.
- Sto per morire, mia signora? Mia sophia, mio amore, sto dunque davvero per morire?
- Si - rispose lei con semplicità. -ma non sarà per sempre.
Anno 33 dC secondo il calendario Gregoriano
Sera precedente alla Pasqua Ebraica
Sancta Sanctorun del Tempio di Gerusalemme.
- Chi ha indetto questa riunione straordinaria, che viola tutte le leggi di Dio?
- Sono stato io – a parlare era il sacerdote anziano – e sono certo che tutti voi capite l’urgenza degli argomenti che oggi dobbiamo discutere.
-Allora cosa c’è di tanto grave da sconvolgere sabbat? – domandò qualcuno guardandosi furtivamente attorno, come se si aspettasse che la collera divina potesse colpire in quel preciso istante quel consesso di miscredenti.
Il
sacerdote anziano parlò con calma, guardando i convenuti negli occhi
uno ad uno, per essere certo di avere la loro piena attenzione
-
Siamo qui per discutere di una grave questione che abbiamo scioccamente
trascurato negli ultimi 3 anni. La nostra negligenza rischia ora di
dannarci. Non avete udito, fratelli miei, che quell’uomo, quel Nazoreo, è
entrato 3 giorni fa in Gerusalemme a dorso d’asino? Non avete udito che
è stato acclamato dalla popolazione come Figlio di Davide?
-Abbiamo udito, e non abbiamo potuto credere alle nostre orecchie. Sedizione! Bestemmia! Ignominia!!
-Calma,
calma cari fratelli. Non c’è sedizione ne bestemmia, qui. Egli potrebbe
essere veramente il discendente della casa reale della tribù di Giuda,
come indicato dai Profeti delle Scritture. Tutti guardarono il Venerabile Anziano con un misto di ansia ed incomprensione.
Lui sorrise.
- Si, le profezie sono utili quando restano tali. Non sempre il loro avverarsi è un bene.
-
E’ entrato a Gerusalemme in trionfo, ha “purificato il tempio”
provocando agitazioni e tafferugli. E ho udito chiamarlo Messia e
Cristo. Egli si è già di fatto proclamato Re di questa terra con gli
atti se non con le parole. Gli permetteremo di appropriarsi così di
quanto abbiamo costruito lungamente tramite le nostre alleanze con i
Romani? Che ne sarà di noi se le sue pretese verranno riconosciute
politicamente legittime e i romani lasceranno questa terra?- No, non lo permetteremo – rispose l’Anziano. - Ed è precisamente per questo che siamo qui oggi, in quest’ora notturna e in violazione di tutte le nostre Sacre Leggi. Questo Yeshua, questo Nazoreo guaritore e mago deve essere fermato.
Uno che aveva taciuto fino a quel momento prese solennemente la parola.
-La
gravità della situazione è chiara a tutti. Non possiamo tentennare.
Abbiamo lo strumento per fermarlo definitivamente. Una accusa di
bestemmia basta per condannarlo alla lapidazione.
I
Sacerdoti Sadducei si girarono a guardarlo. .Aveva espresso a parole
quello che tutti pensavano ma non avevano il coraggio di dire.
Cominciarono a vociferare la propria approvazione, quando l’Anziano li
fermò di nuovo.
-
Attenzione cari amici. Il popolo lo acclama. Non possiamo esporci in
prima persona, rischiamo la rivolta, e allora avremo fatto tutto per
niente. Non siamo noi che dobbiamo condannarlo. Deve essere fermato da
altri.
Non pronunciò la parola "ucciso" ma la natura del suo pensiero era chiara ormai a tutti.
-Lo
denunceremo alle autorità romane. Che siano loro a sporcarsi le mani. I
nemici politici di Roma vengono crocefissi. Pilato sa di essere inviso
ai giudei e non se ne cura, ma la sua assegnazione a questa provincia
lontana gli fa capire di aver perso anche il favore di Roma. Coglierà
con piacere l’occasione di mostrarsi forte e risoluto di fronte
all’Imperatore. Ci libererà da questo personaggio, che la sua casa sia
quella di Davide o no, e reprimerà qualunque rivolta popolare nel
sangue.
Nessuno parlò. Poi , timidamente, qualcuno disse:
- Dio non approverà l’uccisione del suo prescelto e del suo popolo eletto….
-
Non siate sciocchi! Dio non si occupa di questioni politiche, ha scelto
noi per questo. Andrò al palazzo di Pilato non appena farà giorno e
tutto sarà concluso. Entro domani, questo problema sarà estirpato.
Anno 33dC secondo il calendario Gregoriano
Mattina seguente alla Pasqua Ebraica
Casa di Betania.
Interno, giorno.
- Sorella….
L’uomo aveva il volto segnato dalle lacrime
- Hanno fallito, vero? Te lo leggo in viso.
- Si, Miriam. Si, hanno fallito.- E’… è morto, dunque?
- Yosef è rimasto con lui e con i guaritori. Quando sono andato via, era ancora vivo. Ma non ci hanno dato speranze.
Miriam abbassò lo sguardo.
- Albeggia. Vado da lui.
-
Non voglio che tu vada sola Miriam, non oggi, non dopo quello che è
successo. Ora dobbiamo pensare a proteggere te e il tuo bambino.
Miriam lo guardò furibonda.
-
Come avete protetto lui? Faccio a meno volentieri di quel genere di
protezione. Non toccarmi, ‘El ‘Azar. Lasciami passare. Il mio Sposo mi
attende.
Anno 33 dC secondo il calendario Gregoriano
Mattina seguente alla Pasqua Ebraica
Giardino conosciuto come Il luogo del Teschio
Esterno, giorno.
Miriam
camminava come in un sogno, a malapena consapevole della strada che
percorreva, delle donne che aveva vicino, delle pietre sotto i suoi
piedi. Gli occhi erano asciutti ma il suo viso trasmetteva angoscia e
rassegnazione.
Quando
si fermò davanti al sepolcro, tutto quello che vide fu la pietra
scostata ed il passaggio aperto. Fu colta da una vertigine, e barcollò
fin dentro la tomba tenendosi a stento in equilibrio. Il letto di pietra
che aveva ospitato il suo sposo nel suo ultimo sonno era vuoto.
Corse fuori, gridando. Le altre donne spaventate scapparono.
Un
uomo vestito di bianco le venne incontro da lontano, ne vide la sagoma
attraverso le lacrime che ora scendevano copiose, inarrestabili. Un
terrore indicibile si era impadronito di lei.
-
Aiutami, aiutami – gridò correndogli incontro – dove hanno portato il
mio Signore? Dove lo hanno messo? Aiutami, ti prego, devo trovarlo...
- Miriam….. – disse l’uomo dolcemente
Miriam si bloccò.Il suono di quella voce l'avvolse, e lei si asciugò il viso e gli occhi con le mani, freneticamente.
-
Yeshua? Yeshua proprio sei tu… mi avevano detto che eri morto, mi
avevano detto che non c’era speranza… sei vivo marito mio, sei qui sei
vivo…
Miriam si slanciò verso di lui e lo abbracciò. Lui ricambiò brevemente l’abbraccio, poi disse
- Noli me tangere, Miriam. Non trattenermi. Ho poco tempo e molto da compiere prima di andarmene.
- Andartene? Ma sei qui, sei vivo… Abbiamo tutto il tempo del mondo, ora. Tutto si compirà, tutto è a posto…- No, Miriam. Io sto per morire.
Miriam
lo guardò incredula, poi crollò in ginocchio ai suoi piedi, schiacciata
dal significato di quelle parole e dalla gravità che gli leggeva in
volto.
- Yeshua…..
Lui la prevenne, sapeva quel che stava per dire.
- Yosef ha deciso giustamente, Miriam. Un potente rimedio esseno mi ha ridato vigore, secondo le sue istruzioni, ma il suo effetto sarà breve. Devo terminare la mia missione, devo parlare con Simone e gli altri prima che tutto sia finito.
- Così mio Signore vieni usato nella morte come lo sei stato in vita…
- No, Miriam. E’ stata una mia scelta. Yosef e tuo fratello hanno eseguito il mio volere.
Miriam non aveva più parole ne speranza. Yeshua le tese le braccia e l’aiutò ad alzarsi.
-
Addio, mia amata. Proteggi il sangue reale che scorre dentro di te. Ora
tu sei la coppa che contiene il tesoro più grande e prezioso, la più
grande speranza per il nostro popolo. Porta con te tutto il mio amore,
Miriam.
Detto questo, si allontanò lentamente.
Lei rimase a guardarlo, per l’ultima volta, le mani premute sul ventre.
Alessandria d’Egitto
Fine dell’anno 33dC secondo il calendario Gregoriano
Una casa del quartiere ebraico della città
Interno, giorno.
Una
folta massa di capelli rosso scuro era scompostamente sparsa sui cuscini
candidi, e la donna sdraiata dava segni di ripresa molto lievi. Aveva il
volto stanco e pallido, sudato, e le lenzuola bianche erano
stropicciate per il molto agitarsi che aveva caratterizzato l’ultima
notte. Era stato un parto particolaremente lungo e difficile, e ad un
certo punto le levatrici avevano disperato di salvare la Madre.
Improvvisamente
invece lei aprì gli occhi, e guardò attorno senza capire per un attimo
dove fosse e perché tutti la guardassero con tanta apprensione. Poi la
consapevolezza tornò.
Una delle donne allungò le braccia per porgerle un fagottino avvolto in un panno chiaro.
- Ecco Miriam, tua figlia
All’udire
quelle parole uno degli uomini presenti, che stava vicino alla porta
con una mano sullo stipite, come se desiderasse trovarsi in ogni luogo
tranne li, proruppe in una esclamazione incredula e rabbiosa
- Che cosa hai detto? Tua figlia? È una femmina?
-Si Yosef, è una bambina.-Ti sbagli di sicuro…. È impossibile.
- Difficile sbagliarsi su un fatto tanto ovvio, Yosef – rispose la donna con una punta di malizia. – Perfino tu te ne renderesti conto, se la guardassi.
-Una bambina… una bambina…... – continuava a ripetere quelle parole come un mantra, come se non riuscisse a convincersi.
Poi , rabbiosamente:
- Non può essere una bambina, non può! Dio non avrebbe permesso che Yeshua morisse, che il suo popolo fosse perseguitato, che Miriam rischiasse la vita per...per… per una femmina!
Una femmina inutile, stava per aggiungere, ma non lo fece per riguardo nei confronti della Regina
Miriam
ascoltava con scarso interesse, aveva preso in braccio la piccola e
l’aveva attaccata amorevolmente al seno per nutrirla. Ma all’udire il
tono di Yosef, prese la parola.
-
Il tuo Dio ha scelto altrimenti per il suo popolo, Yosef, e non si è
piegato ai tuoi voleri, o a quelli di mio fratello. Come hai potuto
pensare che l’avrebbe fatto?
- Il mio Dio? È anche il TUO Dio, Miriam, fai attenzione a come parli.
Miriam
sorrideva guardando sua figlia, e nessuno avrebbe potuto sospettare che
quel sorriso non fosse tenerezza per la bimba, ma divertimento per
l’incredulità di Yosef.
L’uomo
uscì furioso, rosso in viso, indubitabilmente per andare a cercare gli
uomini che attendevano notizie della nascita dalla sera precedente.
- Noi andiamo via ora – disse una delle donne – ti lasciamo tranquilla con la
tua bambina, Miriam.
Fece per allontanarsi accompagnando le altre con un gesto della mano, poi si fermò.
– Signora… come la chiamerai?
- Sara – rispose Miriam. – Sara. La piccola principessa Sara.Fece per allontanarsi accompagnando le altre con un gesto della mano, poi si fermò.
– Signora… come la chiamerai?
Quando
fu sola, Miriam scostò il lembo del panno che copriva il viso di Sara e
la guardò attentamente. Aveva un bel viso roseo, sembrava che le
fatiche del parto fossero ormai soltanto un ricordo per lei. Gli occhi
erano scuri, aperti, le manine chiuse a pugno. Sembrava tranquilla.
Miriam sospirò.
Una
bambina. Certo questo avrebbe provocato un po’ di scompiglio tra gli
uomini, che aspettavano l’erede di Yeshua per riorganizzarsi, per
tornare un giorno a Gerusalemme come ambasciatori del Re della Casa di
Davide, che avrebbe preteso quel trono a cui suo padre aveva aspirato,
fallendo.
Nessuno avrebbe capito.
Ma lei si, lei capiva.
Sapeva,
ora, che la sua sarebbe stata una stirpe di donne. Una stirpe di Figlie
che avrebbero un giorno, quando i tempi fossero stati pronti, scelto un
Re da consacrare. Il germoglio del tronco di Iesse sarebbe stata una
casta di Sacerdotesse. Quello era il più sacro dei compiti che le
fossero stati affidati. Arebbe tramandato gli insegnamenti ricevuti,
avrebbe istruito la sua discendenza, e un giorno, una discendente della
casa di Beniamino e di Davide avrebbe compiuto la propria scelta, e
avrebbe consacrato tramite il Sacro Rito dell’Unzione il nuovo Re. Un Re
che senza tale unzione non sarebbe mai stato riconosciuto.
Questo
era il vero potere, pensò Miriam con un moto di orgoglio, e quel potere
era suo e di sua figlia. E sarebbe appartenuto alle figlie delle sue
figlie fino alla fine dei tempi. Vi sono al mondo migliaia di uomini, e
tra questi centinaia possono vantare parentele con questa o quella casa
reale. Ma una sola Donna può compiere il Rito. Senza quella Donna, non
vi è alcun Re.
Miriam sorrise stancamente a questa idea, e si addormentò cullando Sara.